Dipendente e Amministratore di società: come e quando c’è compatibilità?
Si chiede spesso se l’amministratore di una società può esserne anche dipendente. La Corte di Cassazione si è espressa più volte sul tema, uniformando ormai il criterio generale secondo il quale, in una società di capitali, i due ruoli non sono astrattamente incompatibili. Vediamo a che condizioni.
Sono due i principi base che devono essere rispettati affinché ci possa essere cumulo fra i ruoli:
- Al dipendente vanno attribuite mansioni diverse rispetto a quelle proprie della carica sociale ricoperta;
- Deve esistere il vincolo di subordinazione.
Quindi, l’Amministratore Unico non può essere anche dipendente, perché manca una relazione fra dipendente e organo gestorio, che fa venire meno il vincolo di subordinazione fra i due ruoli.
Il Presidente del Consiglio di Amministrazione può essere invece, al pari di qualsiasi altro membro consigliere del consiglio di amministrazione, può essere anche dipendente della società, se è soggetto alle decisioni e al controllo dell’organo collegiale gestorio, anche se ha potere di rappresentanza.
Per quanto riguarda la figura dell’Amministratore o Consigliere Delegato, dipende dalla delega conferita dal consiglio medesimo. Se la stessa è generale o amplia, con facoltà di agire senza preventivo consenso del Consiglio, è esclusa la possibilità di intrattenere anche un valido rapporto di lavoro; invece, se l’attribuzione della delega è limitata al solo potere di rappresentanza o a specifiche e limitate deleghe, l’amministratore può instaurare anche genuini rapporti di lavoro con la società stessa, purché le proprie mansioni da dipendente siano diverse da quelle riguardanti le deleghe amministrative ricevute.
Si ritiene infine non compatibile la figura dell’Unico socio con quella di dipendente, perché di fatto la proprietà nelle mani di una sola persona esclude di fatto l’effettiva soggezione del socio unico alle direttive di un qualsiasi organo societario.
Tali orientamenti sono confermati anche dall’INPS. Si richiamano a questo proposito il messaggio 3359/2019, e la circolare 179/1989 (dove invero l’istituto di previdenza aveva escluso anche la compatibilità fra dipendente e presidente di società, salvo poi aprire a tale possibilità con il messaggio 12441/2011).
Una volta stabilita l’astratta possibilità di instaurare un rapporto di lavoro valido, si dovrà accertarsi in concreto lo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti il ruolo nel Consiglio di Amministrazione, cosi riassumibili:
- il potere deliberativo che forma la volontà dell’ente deve essere affidato all’organo collegiale, e deve quindi risultare esterno rispetto all’amministratore / dipendente;
- deve essere fornita la rigorosa prova della presenza del vincolo di subordinazione, rispetto all’effettivo potere di supremazia gerarchica di un altro soggetto o degli altri componenti dell’organismo sociale;
- il soggetto deve svolgere, in qualità di dipendente, mansioni estranee al ruolo di membro del consiglio di amministrazione della società. Deve quindi trattarsi di attività che non siano ricomprese nei poteri di gestione che derivano dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite.