Commercio al dettaglio: un’analisi economica
Con questo breve contributo, si vuole approfondire l’analisi economica che ogni imprenditore impegnato nel commercio al dettaglio dovrebbe effettuare sul proprio business, al fine di poter gestire con consapevolezza, e quindi senza rischi gestionali, la propria attività.
La prima operazione da effettuare è quella di determinare il proprio budget di costi fissi. Ogni attività di commercio al dettaglio infatti, ha degli elevati costi fissi, relativi a:
– Locazione degli immobili commerciali;
– Spese per personale dipendente
– Altri costi e utenze relative agli immobili;
– Costi amministrativi;
– Costi per altri servizi di terzi (pulizia, sicurezza, ecc…);
– Oneri diversi di gestione: tasse, spese generali, ecc…;
– Stipendio del titolare (comprensivo di imposte e contributi);
i costi fissi sono caratterizzati dal fatto che sono dei costi difficilmente modificabili nel breve periodo. Una volta definiti quindi, sono una costante e determinano una specifica capacità di business. Possono essere modificati nel medio periodo.
Determinati i costi fissi, bisogna procedere ad analizzare il lato dei ricavi. Bisogna quindi arrivare a determinare il proprio margine di contribuzione. Il Margine di Contribuzione è la differenza fra il ricavo di vendita, e i costi variabili relativi alla vendita in questione. I costi variabili, sono quei costi relativi al singolo prodotto / servizio, che vengono sostenuti solo in funzione del prodotto / servizio venduto. Ad esempio: il costo di acquisto della merce venduta, i materiali di consumo e packaging, le spese di trasporto su vendite, ecc… Il Margine di Contribuzione rappresenta in altri termini il guadagno lordo di ogni vendita. Un imprenditore non può conoscere il proprio margine di contribuzione. Non conoscerlo, vuol dire infatti non sapere se gli conviene effettuare una vendita o prestare un servizio!
Conoscendo il proprio margine di contribuzione, e i propri costi fissi, si può andare a calcolare il break even point, e cioè il livello minimo di fatturato che garantisce la copertura dei costi fissi, e quindi il pareggio di bilancio.
Questo dato è molto importante, perché va poi confrontato con il volume degli acquisti programmato in un dato esercizio. In questo modo, si possono stabilire i target di incasso medio, in modo tale da poter monitorare l’andamento della propria attività in tempo reale, senza necessità di aspettare mesi dopo la chiusura dell’esercizio. Questo con l’indubbio vantaggio di poter intervenire per tempo per aggiustare eventuali situazioni non positive.
Per le attività stagionali con acquisti estate / inverno (tipico il caso del settore moda e abbigliamento), questo permette anche di parametrare il livello di acquisti, e monitorare la gestione delle vendite nei tre momenti: stagione – saldi – stock .
Facciamo degli esempi pratici:
– Costi fissi di struttura: 120.000,00 euro
– % di ricarico sulla merce acquistata: 1,45. Cioè: compro a 100 (+ iva), e vendo a 177 (iva 22% compresa). Quindi su questa attività, ho un margine di contribuzione di I livello del 31% circa (cioè ogni 100 euro di ricavi, iva esclusa, mi rimangono 31 pagati i costi variabili della merce venduta).
Con questi due parametri (costi fissi e % margine di contribuzione), posso calcolare il fatturato minimo che devo ottenere per poter pagare tutte le spese fisse:
fatturato minimo = costi fissi / % mdc = 120.000 / 31% = 387.000 euro
Questo significa che un’attività di commercio al dettaglio con costi fissi di 120.000,00 euro, e con un guadagno di 31% su ogni vendita, per poter pagare tutti i costi fissi e uscire a pareggio ha necessità di fatturare in un anno almeno 387.000,00 euro.
Calcolando poi i giorni di apertura di un’attività, si può facilmente arrivare a calcolare il fatturato minimo periodico ( giornaliero / settimanale / mensile), e avere quindi un indicatore che mi permetta di avere il polso della situazione in tempo reale!
E voi, conoscete i dati economici rilevanti della vostra azienda?