Le procedure per i finanziamenti soci
L’apporto di liquidità dei soci alle società partecipate può avvenire a diverso titolo, passando dal prestito (quindi con previsione di restituzione sin dall’origine), per giungere al vero e proprio aumento di capitale (con relativa procedura notarile), con le ulteriori sfumature degli apporti in conto capitale o a copertura perdite, che restano acquisiti al patrimonio netto pur senza determinare la modifica dei patti sociali.
Certamente, la forma più frequente di inserimento di liquidità è quella del finanziamento soci, in relazione alla quale si possono evidenziare talune criticità:
1) momento a partire dal quale il socio può effettuare un finanziamento;
2) tipologia di remunerazione concordata: finanziamento fruttifero o infruttifero, e relativo problema della presunzione di onerosità del prestito prevista dalla norma fiscale;
3) possibilità di restituzione, in relazione alle cautele civilistiche esistenti;
4) possibilità di rinuncia al diritto alla restituzione, con relativi effetti fiscali.
Quando è possibile effettuare un finanziamento
La vigente normativa in tema di contrasto all’esercizio abusivo dell’attività del credito, consente ai soci l’effettuazione di finanziamenti alla società partecipata, alle seguenti condizioni:
1) il socio deve detenere almeno il 2% del capitale;
2) il socio deve essere iscritto come tale al Registro Imprese da almeno 3 mesi.
In presenza di tali condizioni il prestito è possibile, anche se nella pratica quotidiana si riscontra che gli apporti di liquidità spesso vengono effettuati direttamente al momento della costituzione della società.
Remunerazione del finanziamento
Come anticipato, la norma fiscale prevede l’esistenza di una presunzione di fruttuosità del finanziamento, presunzione che è possibile vincere mediante:
– la creazione di documenti con data certa, da cui risulti la gratuità;
– l’apposita descrizione contabile che evidenzia l’infruttuosità.
Si ricorda che, al riguardo, non si ritiene valida l’assunzione della decisione in sede assembleare, anche perché ciascun socio decide in proprio e non si applicano le procedure di decisione collettiva. Sarà allora utile utilizzare della corrispondenza fra società e soci, al fine di effettuare la richiesta di finanziamento, e per confermare la disponibilità dei singoli soci in tal senso. Ciascun socio infatti, a prescindere dalle quote di partecipazione, sarà libero di aderire, o meno, alla proposta, rispondendo alla sollecitazione.
A tal proposito, si evidenzia che nel caso in cui l’accordo di finanziamento si perfezioni senza la stipula di un contratto (quindi senza un documento contenente le firme di entrambe le parti contraenti), ma per corrispondenza (quindi con documenti separati di proposta ed accettazione), sullo stesso non è dovuta imposta di registro.
L’esistenza di un documento con data certa può essere facilmente ottenuto:
– apponendo il timbro postale sul documento, seguendo la specifica procedura in uso atta ad evitare che si timbri un foglio bianco, riempiendolo successivamente;
– mediante l’invio di una pec, ove i soci ne fossero dotati;
– registrando il documento all’Agenzia delle entrate, con ovvio aggravio di spese (procedura sconsigliata).
L’evidenza nelle scritture contabili
E’ opportuno che le somme apportate siano registrate nella contabilità della società, evidenziando il carattere infruttifero del prestito, e accendendo un apposito conto per ogni socio creditore.
La restituzione dei finanziamenti
Il codice civile prevede una norma di tutela per i terzi: se il finanziamento è stato effettuato in un momento in cui sarebbe stato necessario effettuare una dotazione di capitale fisso, la restituzione è subordinata all’avvenuto saldo delle altre passività aziendali, così che i terzi non possano essere svantaggiati.
Ipotizzando, allora, che il finanziamento sia avvenuto nell’immediatezza della costituzione e per importi rilevanti rispetto al capitale, si verificherà l’ipotesi della c.d. postergazione; in sostanza, il legale rappresentante non potrà restituire le somme (anche se negli accordi fosse diversamente stabilito), per non violare la norma di legge.
La rinuncia alla restituzione
Si potrebbe anche verificare la rinuncia del socio al diritto alla restituzione del finanziamento, intendendosi apportare tali somme a rafforzamento del capitale sociale. Anche in tal caso non si tratta di decisione riservata all’assemblea, poiché il diritto è esistente in capo ad ogni singolo socio.
Qui sarà importante comprendere a quale titolo si intende rinunciare, in quanto sono possibili le seguenti alternative:
– “versamenti in conto aumento di capitale”: rappresentano una riserva di capitale, con un preciso vincolo di destinazione, la quale accoglie gli importi di capitale sottoscritti dai soci, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, quando la procedura di aumento del capitale sia ancora in corso alla data di chiusura del bilancio;
– “versamenti in conto futuro aumento” di capitale che rappresentano una riserva di capitale avente uno specifico vincolo di destinazione, nella quale sono iscritti i versamenti non restituibili effettuati dai soci in via anticipata, in vista di un futuro aumento di capitale;
– “versamenti in conto capitale” che rappresentano una riserva di capitale che accoglie il valore di nuovi apporti operati dai soci, pur in assenza dell’intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale;
– “versamenti a copertura perdite” effettuati dopo che si sia manifestata una perdita; in tal caso, la riserva che viene a costituirsi presenta una specifica destinazione.
La corretta qualificazione, anche a livello contabile, appare assai importante in quanto determina l’inserimento nelle voci del patrimonio netto o dei debiti ed, inoltre, può determinare (nel caso in cui non tutti i soci abbiano provveduto in modo paritetico rispetto alla partecipazione) delle situazioni di vantaggio o di svantaggio a carico degli uni e degli altri.
Al riguardo, vanno segnalate due circostanze:
1) non è possibile che la rinuncia determini l’evidenza contabile di una sopravvenienza attiva, come era in uso fare nel passato; i documenti Oic esplicitamente vietano tale procedura, in quanto la medesima determina una conseguenza indebita sul risultato di esercizio;
2) dal periodo in corso al 1° gennaio 2016 la rinuncia determinerà una sopravvenienza tassabile (a prescindere dal transito a conto economico, quindi con variazione in aumento nella dichiarazione dei redditi) per la quota eccedente il costo fiscalmente riconosciuto del credito in capo al socio, da attestare con apposito atto di notorietà.
Si raccomanda quindi, di accompagnare l’atto di rinuncia dalla prescritta autocertificazione.